STEFANO LENTINI – Fury (Recensione)

STEFANO LENTINI – Fury

(Coloora Records)

 

Tra le note biografiche saltano all’occhio alcune notizie tra loro stridenti. Da una parte leggiamo che Lentini è autore delle colonne sonore di Braccialetti rossi (sigh). Dall’altra che ha collaborato con un mito del cinema contemporaneo come il regista coreano Wong Kar Wai. Ovvero il trash e il supercool allo stesso tempo. Ma uno dice… Per la pagnotta si fa anche Braccialetti rossi. Sicuramente non per la pagnotta Lentini ha buttato fuori questo bellissimo disco, che toglie definitivamente dal campo eventuali pregiudizi. Uno perché l’artista qui presente, in Fury, dà prova di essere un visionario non da poco. La classica, la musica sinfonica, sono il suo pane. Ma se dentro alla musica classica ci sbatti il furore di un sax indiavolato (come nella titlle track), o pensi a una sinfonia con in testa Fran Zappa o i Mars Volta, con risultato finale in molti casi che suona come un prog classico ben confezionato, o se ancora in “Adagio”, parti da un “classico adagio” che diventa pian piano mare oscuro e minaccioso e poi, in un crescendo che sa di tempesta, mareggiata incontenibile, opera prog per orchestra d’archi allo sbando, beh, allora dobbiamo dare un bel po’ di credito a Lentini. E non finisce qui. Lo “Stabat mater” pensato per “The Grandmaster” (il film di Wong Kar Wai), sia pur sorretto da un impianto classico (violino e orchestra d’archi), viene attraversato dai synth “blasfemi” e profondamente elettronici suonati da Lentini stesso, che danno un profondo senso di drammaticità e grande attualità al tutto.