Recensione Reborn, il nuovo disco di MPM Producer.

Punk, rap, originalità, personalità e qualche colpo di scena.
Mettete tutto questo insieme e otterrete Reborn, il nuovo sorprendente album di MPM Producer.

È proprio il primo brano a dare il titolo all’intero album. Reborn inizia con quella che è, in tutto e per tutto, la base di un brano rap che suggerisce all’ascoltatore grandi aspettative per poi, dopo una sola manciata di secondi, stupirci con due sole note di chitarra, destando l’attenzione e facendoci immergere perfettamente nell’atmosfera punk che impregna ogni brano.

Seguono a ruota Crossroads, Anybody Free? e Gettin’ Over You, che si mantengono perfettamente in equilibrio tra l’energia e l’originalità dell’insieme di brani che compongono questo album.

E quando pensate di aver capito esattamente il genere e di essere entrati nel mood che MPM Producer vuole darci, ecco arrivare la quinta traccia, Migrant Worker, che inizia con una chitarra pizzicata e ritmata, accompagnata da una voce quasi annoiata, per poi caricarsi e farci immergere nuovamente nello spirito del disco.

Lives on air ci accompagna in un’atmosfera quasi magica grazie all’arpeggio della chitarra, ripreso nell’ultimo minuto di canzone dal suono del sintetizzatore che pian piano si affievolisce e ci fa scivolare – ancora una volta – in un colpo di scena: Reborn – Rap Version. Le parole sono le stesse, ma il beat e la strofa cantata in italiano – l’unica dell’intero album – lo fanno apparire un brano del tutto nuovo e sconosciuto prima di quel momento.

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