Gli Earthset sono un gruppo bolognese indipendente insieme già dal 2012. Dopo il loro primo EP, si sono fatti conoscere dal pubblico emiliano e londinese esibendosi dal vivo e proponendo il loro repertorio in inglese che ha fatto subito presa tra i giovani. Il loro primo album d’esordio s’intitola “In a State of Altered Unconsciousness”. Un nome la cui scelta richiama una sorta di eyes wide shut musicale, in cui “coscienza-incoscienza” si mescolano in brani dal potere attrattivo assicurato.
Non sono classificabili in un solo genere, essi ne abbracciano di vari spaziando tra new wave, progressive e indie rock, riscaldandoci con melodie dal gusto british e testi che la dicono lunga su come i gruppi nostrani stiano ammiccando sempre più a band pilastri della musica internazionale. Ciascuna traccia è e ha una storia, rappresenta una riscoperta di suoni e melodie che accarezzano anche note classicheggianti arrivando ad una completezza e persino ad un’eleganza che meritano un attento ascolto. Ogni strumento, voce compresa, sprigiona una forza a tratti nervosa, a tratti sensuale, altre volte invece interrogativa o serena, trascinando l’ignaro ascoltatore negli oscuri meandri del proprio inconscio e accompagnandolo per mano nella realtà.
Strumenti come totem, musica come varco che divide sentimenti e stili, generi e impulsi. “In a State of Altered Unconsciousness” è un disco che fluttua, un disco che grida, un disco che percuote e accarezza. I Pink Floyd vengono considerati massimi ispiratori non a caso, ma si ritrovano sfumature di Jeff Buckley e rimandi ai Muse.
Gli Earthset, dimostrano di essere padroni di un peculiare talento che abbraccia tecnica e conoscenza musicale ma non solo, persegue uno stile e un pensiero e contemporaneamente distaccandosene per inglobarlo e mescolarlo ad altri, simili e diversi. Un concentrato di “incoscienza-cosciente” che coinvolge a pieno. E travolge.
Maria Di Gaetano
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