Intervista ai Quaalude per Under My Hat, il loro nuovo disco

  • Ciao ragazzi benvenuti su Musica In Contatto! Ci parlate un po’ del vostro album “Under My Hat” uscito da poco? La storia di “Under My Hat” è sicuramente singolare. Il primo singolo, “You Lift Me Up”, l’abbiamo lanciato appena prodotto, nel 2017. Dopodiché abbiamo vissuto diversi cambi di formazione della band, il che ha rallentato di molto il processo di creazione. Da un anno e mezzo però la formazione è stabile e affiatata ed è stato proprio in questo periodo che abbiamo ripreso in mano il progetto dell’album ed è nato l’album che potete ascoltare ora.
  • Qual è il vostro rapporto con la musica moderna? Chi ascoltate in questo periodo? Ognuno di noi ha gusti musicali molto diversi, quindi è difficile parlare di cosa ascoltiamo in generale. Di sicuro però un punto in comune lo abbiamo nell’amore per il brit rock e brit pop: band come Muse, Arctic Monkeys, Editors e Oasis ispirano la nostra musica e sono per noi sempre attuali.
  • Come mai la scelta di chiamare l’album “Under My Hat”? Il motivo è che è un album che parla di vita reale, situazioni e pensieri che ognuno di noi può vivere. Queste situazioni sono narrate attraverso le riflessioni che fa chi le vive, queste come tali come tali stanno nella sua testa, ossia ciò che sta sotto il cappello.
  • C’è un tema che accomuna tutte le canzoni dell’album? Come dicevamo prima, il filo conduttore sono le esperienze di vita, raccontate tramite i pensieri e i dialoghi di qualcuno che le ha vissute o le sta vivendo. Sono quei “dialoghi mentali” che facciamo sotto la doccia quando ripensiamo a una determinata situazione, i pensieri più intimi che vorremmo dire ad alta voce ma che restano lì, nella nostra mente, sotto al nostro cappello. Cappello che tutti noi “indossiamo” quando usciamo di casa, come una sorta di maschera che ci protegge nel confronto dell’altro, e che “togliamo” quando ci sentiamo al sicuro.
  • Come definireste con una parola “Under My Hat”? Dato quello che abbiamo detto sarebbe troppo facile dire “riflessivo”, quindi diremo “internazionale” che ci sembra un ottimo modo di definire il taglio che abbiamo provato a dare alla nostra musica