Dateci i soldi per creare! – Intervista ai DON rodriguez

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– Voi venite dal Lago Maggiore, il 14 Maggio è uscito il vostro primo disco dal titolo “L’indimenticane” per l’etichetta indipendente Dischi Soviet Studio, come sta andando?
Per il piccolo in cui siamo, direi bene. Nel senso che le recensioni fino ad ora scritte a proposito del disco ne parlano molto bene. Inoltre noi siamo contenti del risultato e questo per noi è molto positivo.

– Come è nata l’idea di mettere su una band e come mai DON rodriguez?
E’ nata da una manciata di canzoni che avevo scritto durante un inverno di qualche anno fa. Ho fatto una suonata casalinga con Frova, che già conoscevo dai tempi dei PAUL+PAULA (Fosbury records); poi lui mi ha suggerito Bovo il batterista, che ancora non conoscevo, abbiamo suonato insieme e così abbiamo deciso di mettere in piedi altre canzoni con la vaga idea di registrare un disco e alla fine ne è venuto fuori “L’indimenticane”.

– Il titolo dell’album invece a cosa si ispira?
Il cardiocane è la nostra mascotte. È il cane (stessa radice di “cinico”, privo di sentimenti) vestito di cuore (che rappresenta il sentimento per eccellenza, l’amore). Le nostre canzoni giocano molto su questo conflitto di sentimenti e quasi tutte trattano di amori spezzati, mai iniziati, desiderati, immaginati. Amore per persone, situazioni, luoghi, personaggi. Cose magari andate male, ma non dimenticate, proprio perché sostenute da un forte sentimento. Quindi l’ “indimenticabile” si fonde col cane ed ecco “L’indimenticane”. E poi c’è il fatto che facciamo musica indipendente.

– La vostra musica può essere accostata al rock italiano classico anni 90, un genere che si è un po’ perso per strada. Cosa pensate invece del rock italiano urlato che va tanto di moda ultimamente?
Personalmente non mi piace molto. Al di là dei contenuti, è proprio la forma a non esaltarmi particolarmente. Mi fa venire in mente i cori da stadio, che sicuramente hanno una funzione di esaltazione e probabilmente sono catartici; quindi va bene, funzionano e hanno una funzione; ma questo non è nelle nostre corde. Noi siamo più da palazzetto del ghiaccio e pattinaggio di figura.
C’è da dire poi che negli anni 90 c’erano un sacco di soldi da spendere in musica; forse oggi si grida proprio per dire “dateci i soldi per creare!”.

– C’è qualche vostro collega che vi piace particolarmente?
Se con collega intendiamo ragazzi non proprio di primo pelo che hanno altra occupazione lavorativa oltre alla musica, allora ti dirò che Frova nutre un grande sentimento per i Valentina Dorme ed anche a me piacciono molto. I loro testi sono davvero poetici.
Personalmente ho conosciuto da un paio di anni i Kleinkief (nella fattispecie il disco “gli infranti” 2013) e mi ha colpito molto; sarebbe bello se un giorno si unissero alla scuderia della Soviet.
Poi – in casa Soviet – non possiamo non citarti Bob Balera che con “giorni da cicala” ha fatto un pezzo veramente piacevole, orecchiabile e che non ti molla più. E il video è molto simpatico.

– E voi che musica ascoltate?
Io ascolto parecchie cose, spesso vivo l’ascolto come “ricerca”; e questo non sempre è bene, perché toglie un po’ di piacere all’ascolto stesso. Per sintetizzare posso dire che ascolto rock, sia italiano che anglofono: soprattutto da quello degli anni 90 in poi. E poi, tutti gli anni in primavera, tutte le sante primavere, mi viene il mesetto metal, in cui ho proprio bisogno di ascoltare i chitarroni pesanti e i riff un po’metal. Frova in questo momento è più orientato su sperimentalismi alla Giacinto Scelsi, per quanto anche le sue radici affondino profondamente negli anni ’90. Bovo (il batterista) passa le giornate in serra a coltivare i ciclamini e ama il silenzio più profondo e totale… dice che sente sovente cantare i petali. Non so che dire.

– Progetti futuri?
Magari poche date dal vivo, ma belle (non possiamo permetterci la vita “on the road”).
Sicuramente continuare a suonare e comporre. Registrare un nuovo disco. O forse la trilogia giapponese. O “la trilogia giapponese incompleta”.

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